PFAS, UN’EMERGENZA NAZIONALE FIN AD OGGI SOTTOVALUTATA
Roma, 26 settembre 2017
Legambiente. “Bene l’impegno ad abbassare i limiti, ora si proceda con le bonifiche, i nuovi allacci all’acquedotto per eliminare queste sostanze dalle acque potabili e si applichi la Legge sugli Ecoreati. L’acqua è un bene primario: chi inquini paghi”
Legambiente accoglie con favore la posizione assunta dal Presidente della Regione Veneto Luca Zaia che ha preso l’impegno di abbassare i limiti sulle sostanze perfluoroalchimiche nelle acque, accogliendo la richiesta di oltre 15000 cittadini che hanno firmato la petizione promossa da Legambiente e dal Coordinamento acque libere da PFAS che – ricorda l’associazione ambientalista – chiede dal 2015 acque libere da queste sostanze inquinante
“L’emergenza dei PFAS in Veneto – dichiara Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente – è un problema nazionale e rischia di diventare uno dei più grandi disastri ambientali che coinvolge le acque potabili, di falda e superficiali. La richiesta di stato di emergenza e la nomina di un commissario devono essere finalizzate per invertire la rotta e affrontare in maniera concreta tutti i problemi legati all’emergenza e al risanamento della falda. Sul fronte giudiziario, a distanza di oltre 2 anni dal primo esposto presentato da Legambiente alla Procura di Vicenza, ancora non arrivano segnali concreti. Nonostante le accuse siano rafforzate e confermate anche dall’ultima relazione dei NOE di Treviso resa nota lo scorso giugno, che ha fatto riaprire anche l’indagine sui PFAS in Veneto della Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo illegale rifiuti, ad oggi ancora non si applica la legge sugli ecoreati che prevede, tra l’altro, fino a 15 anni di reclusione, la confisca dei beni degli inquinatori e la responsabilità giuridica delle aziende. L’acqua è un bene primario: chi ha inquinato paghi”.
Legambiente ricorda che l’area coinvolta dall’inquinamento da PFAS, comprende 79 Comuni tra le province di Vicenza Padova e Verona e circa 350mila cittadini. L’azienda Miteni è indicata dai documenti di ArpaV e dalla relazione del NOE come principale responsabile di inquinamento della falda.
Ad oggi sono ben 15mila i cittadini del Veneto che, con Legambiente e Coordinamento acque libere da PFAS, chiedono limiti più stringenti, nuovi allacci degli acquedotti (ad oggi stanziati 80 milioni di euro su cui però continua un rimpallo tra istituzioni e non partono gli interventi) per eliminare la presenza dei PFAS delle acque potabili e un programma di bonifica del territorio.
“L’applicazione di limiti, anche se i più bassi al mondo, non risolverà purtroppo il problema sanitario e dell’inquinamento ambientale. È urgente mettere in sicurezza la rete acquedottistica con nuove prese non inquinate ed attuare subito un programma di bonifica dell’area contaminata che metta in sicurezza la falda acquifera e le acque superficiali” – ricorda Luigi Lazzaro presidente regionale di Legambiente Veneto, preoccupato per il continuo rimpallo delle responsabilità tra istituzioni sulla gestione dei fondi per gli interventi sugli acquedotti e sulla bonifica della falda. “Questo continua scarica barile rallenta la messa in sicurezza del territorio e gli interventi strutturali per la salute futura degli abitanti della zona rossa e non solo. Riteniamo, pertanto, sia necessario l’intervento del governo con la nomina di un commissario straordinario per la gestione dell’emergenza PFAS”, conclude Lazzaro ricordando che non è stato reso ancora noto alcun risultato del monitoraggio sulle matrici alimentari dopo l’allarmante risultato dei campioni del 2015.
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